Contenuto V.M. 18.. ma non troppo! ^^
Possesso e Libertà
La sua divisa la stava aspettando, linda e candida maschera di un animo che più nero e macchiato non poteva essere.
Si asciugò i ricordi del pianto della notte precedente col dorso della mano e si alzò a sedere sul letto. Odiava quella vita, non vedeva l'ora di finirla, ma sapeva che se fosse morta il Padrone si sarebbe vendicato con i suoi parenti, abitanti nel Regno. Distanti, ma mai abbastanza.
Gea scrutò l'orizzonte, il cielo era chiaro come sempre e il sole salutava il mondo ignaro dei suoi mali. Guardò la divisa, identica a quella di Sheryl e molto simile a quella del Padrone. La odiava. Segnava la sua appartenenza e sottomissione a quell'uomo, e lei odiava pure lui. E lui lo sapeva. Basava molto del potenziale magico su quel sentimento, da lui molto apprezzato.
Si alzò e si stiracchiò, sperando che quel giorno sarebbe stato migliore degli altri e che il giorno della sua “esercitazione” tardasse il più possibile ad arrivare.
Nella stanza accanto, Sheryl stava ancora dormendo tranquilla sotto le lenzuola. Stava sognando.
Ogni volta che si ricordava dei suoi sogni rimaneva con un tarlo in testa per giorni, fino a che il Padrone non le cancellava il ricordo col pretesto di farle del bene. Lei sapeva che non era così, ma non poteva fare altrimenti.
I suoi sogni erano tutti stranissimi, ed erano caratterizzati dalla continua presenza e comparsa di alcune persone, circa una decina, di cui ricordava a malapena i volti. Sentiva di averli già visti da qualche parte, ma non ricordava nulla di più.
Quella notte aveva sognato di piangere accanto a due cadaveri, ma il sentimento triste non la sfiorò quasi per nulla. Sentiva solo un lievissimo dispiacere, più che altro perchè non ricordava le identità delle salme.
Un brusco bussare la fece tornare alla realtà, e, dopo un iniziale spaesamento, si avviò verso la porta. Gea si trovò davanti una ragazza assonnata e coi capelli in completo disordine.
- Per oggi non è previsto nulla di che – esordì la ragazza in divisa, entrando nella stanza senza aspettare che l'altra la invitasse – Solo noie nel Castello.
- Posso dormire ancora, quindi?
- Sai che al Padrone non piace l'ozio..
Si sedettero su letto, l'una di schiena all'altra. Era un rituale mattutino: Gea sistemava in una treccia i lunghi capelli di Sheryl e lei fissava il vuoto antistante la finestra.
A lei non faceva alcuna differenza avere i capelli a posto o no, ma sapeva che farsi pettinare rendeva l'amica più felice. Gea adorava pettinare e prendersi cura del proprio corpo, per questo aveva imposto quello strano rituale mattutino a Sheryl: era una delle poche cose che le era concesso fare che le ricordassero di essere una persona, e non una macchina da guerra.
Prese la spazzola rossa dal comodino della ragazza e s'incantò a pettinare con cura ogni ciocca, per un tempo che pareva essere infinito quanta era la calma che veniva trasmessa ad entrambe. Sheryl sentì l'altra canticchiare qualcosa. Era piuttosto allegro, o malinconico.
- Che cos'è? - le chiese, gli occhi ancora imambolati sul mondo esterno.
- Una canzoncina.. me la cantava mia madre da piccola per farmi addormentare.
- Perchè la mugoli?
- Non capisco.
- Non vuoi cantarla?
Ci fu qualche secondo di silenzio.
- Non ricordo più le parole..
Sheryl udì una velata tristezza in quella frase, ma non continuò il discorso. Anche a lei sarebbe piaciuto poter ricordare di più sulla sua vita passata.. perchè sapere che c'e n'era stata una era tra le sue poche certezze.
Bussarono alla porta, e la voce di Gea riacquistò un tono fermo. - Avanti.
Apparve sulla soglia una ragazza esile e tremante. Chiese scusa per l'intromissione e posò un abito piegato con cura sul bordo del letto. Poi, con un inchino profondissimo, scomparve dietro la porta di legno nero.
Il rituale delle due ragazze si bloccò, entrambe rimasero impietrite dalla comparsa dell'abito nella stanza. Era molto semplice, diviso in due alla media altezza della cassa toracica, sopra scollato e rosso scuro e sotto, gonna lunga fino al ginocchio, bianco a fiorellini rossi chiari disegnati finemente.
Solitamente Sheryl e Gea vestivano la loro divisa bianca e blu o, per dormire, la camicia da notte, ma quell'abito aveva un significato molto particolare: era l'inconfondibile segno che Heebrit voleva stare in compagnia di Sheryl.
Gea strinse le labbra e con nervosismo sciolse la treccia che stava facendo all'amica e cominciò a passarle la spazzola con foga, lisciando i capelli.
- Meglio scioglierli, lui li preferisce così.
Sheryl si limitò ad annuire. Ancora una volta, non era lei a decidere delle sue azioni.
Non molto lontano dal Castello, un uomo basso e grassoccio camminava nervosamente davanti ad una tenda, controllando di tanto in tanto un orologio terrestre. Erano in ritardo.
Il suo modo di vestire metteva in risalto una volontà di apparire normale, mal riuscita perchè nessun abito tra quelli che indossava gli stava bene. In particolare la camicia verde scuro che gli stringeva al collo. Insopportabile.
Sussultò ed esultò quando dalla tenda uscirono tre ragazze, tutte in abiti borghesi, pronte ad una partenza. - Era ora!
- Ci scusi – disse una delle tre, con aria dispiaciuta – Non è stato facile trovare degli abiti adatti..
Tutte e tre erano vestite di bianco, non in modo appariscente ne sobrio: magliette corte, gonnelline, pantaloni.. cose normali per qualunque terrestre, un po' meno per gli abitanti del Regno.
- Possiamo partire – esclamò la seconda delle tre, mentre sistemava con un ampio movimento della testa i suoi capelli rossi.
L'uomo sbuffò, e la congrega si mosse. Dopo qualche minuto di camminata raggiunsero altri due ragazzi, di età simile alle ragazze, ed anche loro vestiti di bianco. Non persero tempo in convenevoli e si avventurarono subito alla volta dei villaggi limitrofi al Castello del Demonio.
Il Castello era stato costruito nel bel mezzo di una piccola radura al centro di un'enorme foresta impenetrabile, sia per ragioni naturali che per ragioni di natura magica, come molte barriere protettive che si incontravano nell'attraversarla.
L'edificio era molto ampio, ma relativamente vuoto al suo interno. Era stato costruito con blocchi di marmo bianco resi opachi e scuri dalle presenze maligne che lo abitavano, e per chi non sapeva cosa fosse, ad un primo impatto poteva sembrare addirittura il castello di una dolce principessa imprigionata in una delle due alte torri.
Da un lato, la radura era stata fortificata, e la foresta era più diradata per permettere il passaggio di merci e persone. Vi era una specie di dogana a controllare il via vai più o meno continuo, e alte mura incuriosivano i ragazzi dei villaggi che si sfidavano in prove di coraggio per scavalcarle e vedere e effettivamente c'erano tutte le mostruosità che si narravano in giro.
Heebrit vedeva ogni movimento di quell'ingresso dall'ampia vetrata che occupava un muro intero del suo ufficio. Era solito passare il suo tempo lì dentro, con la sua bevanda argentata in mano, intento a trattare con personaggi di risalto del Regno che patteggiavano con lui per la salvezza loro e di chi stava loro a cuore o a controllare i movimenti del Re che gli dava battaglia senza tregua. Altre volte si ritrovava semplicemente a fissare lontano, sognando come sarebbe diventato il Regno sotto il suo dominio totale.
Era assorto in simili pensieri quando Sheryl bussò alla porta ed entrò ancor prima che l'uomo avesse potuto darle il permesso.
- Oggi ho riflettuto parecchio sulle nostre condizioni – esordì lui senza voltarsi – Passiamo il nostro tempo chiusi qua dentro, incutiamo terrore pur facendoci vedere molto raramente e riusciamo ad imporci grazie a conoscenze magiche apprese ed utilizzate fra queste mura.. non ci giriamo i pollici, è evidente, ma non mi sembra che abbiamo neanche una vita abbastanza movimentata. Capisci cosa intendo?
- Veramente no.
Heebrit si voltò e poggiò il bicchiere sul tavolo, rimanendoci poi appoggiato con le braccia. - Quel che intendo dire è che dovremmo uscire e continuare la nostra vita, come se non fossimo i Demoni del Regno.. non solo, almeno.
- Ma non passeremmo in condizione di svantaggio? - chiese la ragazza timorosamente, rimanendo sempre immobile e in piedi – Saremmo più vulnerabili e ci potremmo far pervadere da.. dai.. sentimenti.
L'uomo la guardò, e un sorriso gli si tirò in faccia.
- Risposta esatta, mia cara. Sarebbe estremamente pericoloso lasciare la nostra dimora, anche se ormai siamo così potenti che dovremmo cascarci proprio come delle pere cotte per porre fine al nostro dominio – le si avvicinò sinuosamente, sempre più – Lasciamo pure le amicizie e le generosità varie, pietà e cose simili a quei perdenti che si oppongono a noi.. che importa?
Le prese fra le dita una ciocca di capelli e se l'annusò. Profumavano, certo, ma sapevano anche di chiuso. Sheryl deglutì e cercò di spostare lo sguardo altrove, ma lui ormai le era entrato nella mente, qualsiasi cosa le venisse in mente di fare poteva anche scordarsela. Era iniziato il gioco delle bambole.
- Hai imparato bene la lezione, ma voglio di più.. - continuò l'uomo, avvicinandosi sempre più al collo – Voglio che tu capisca, provando sulla tua pelle, perchè non c'è altro luogo in cui tu possa stare bene se non questo castello..
Sheryl si limitò ad ascoltare l'ennesima richiesta del Padrone, il suo sguardo era sempre perso sulle cime della foresta. Ormai aveva imparato che era meglio rimanere piuttosto indifferenti a tutto quel che le faceva Lui, anche perchè non poteva replicare, ribellarsi o non stare alla sua mercè. Heebrit era di carattere molto testardo, e quando si metteva in testa di fare qualcosa non esisteva nulla che potesse fermarlo, e in quel momento voleva giocare col corpo della ragazza. Sheryl lo leggeva a chiare lettere nella propria mente, completamente sotto la volontà del Padrone.
Sentiva il suo fiato sul collo, caldo e sensuale, ma col tempo divenuto abituale e privo di emozioni; sentiva il suo vestito muoversi, e le mani di lui che non indugiavano sulla sua pelle chiara..
Il discorso s'interruppe nel momento in cui Heebrit cominciò a baciare con trasporto la ragazza, come un uomo che beve dopo giorni di astinenza; lei ricambiava il minimo indispenzabile per tenere buono lo stato d'animo del Padrone, che altrimenti si sarebbe alterato. Poi sentì il suo tocco nell'incavo dei seni, e l'abito sollevarsi fino ad esser levato del tutto; infine sulla schiena sentì il ruvido del tappeto e la mente di Sheryl non ebbe più nessun potere sulla ragazza.
Heebrit giocava con avidità con quel bel fiore che gli si schiudeva davanti agli occhi ogni volta che ne aveva voglia, e ogni volta per lui era come la prima. Quando si concedevano l'uno all'altra, nel Palazzo di tirava un sospiro di sollievo, perchè la presenza di Heebrit nella mente di tutti i suoi posseduti si allentava via via che si scioglieva nel piacere, pur non dissolvendosi mai del tutto.
Gea, all'estremità opposta del corridoio, sentendo i gemiti dell'amica, sospirava tristemente su quella libertà che sentiva nel cuore, una sensazione di oppressione che lentamente lasciava posto a leggerezza, sapendo bene quanto costasse.
Il villaggio aveva una forte presenza contadina, sia per la qualità delle persone che ci vivevano che per lo stile di edificazione usato, capanne di pietra con tetti di frasche e paglia, l'una attaccata alle altre. Zac le guardò e individuò nell'aria i pigmenti di magia che proteggevano tutta la zona.
Sentì alle sue spalle una voce femminile notare con enfasi il modo di vestire di tutti, nel villaggio. - Pensavo fosse una specie di leggenda.. si vestono davvero tutti di bianco!
- Ma certo, è il segno distintivo del Demonio, non lo sapevi? - replicò lui, ironizzando sull'ingenuità di Patty – Ed è per questo che anche noi ci siamo vestiti di questo colore, per non dare nell'occhio..
- Lo fanno per compiacere il loro Padrone – aggiunse Frederick, cupo, raggiungendoli al fianco – Non capisco proprio cosa spinga così tanta gente a seguire quel pazzo..
- Siamo qui per scoprirlo, Fred! E poi.. lascia fare alla grande Helen, e il caso verrà risolto in un istante! - aggiunse la seconda ragazza del gruppo con ampi gesti delle braccia per enfatizzare la sua persona, proprio mentre Patty la tirava per un braccio e le faceva cenno di stare zitta. - Vuoi attirare l'attenzione di tutti? Siamo in incognito, scema!
L'altra si limitò ad una linguaccia e il gruppo varcò con decisione le soglie del villaggio. Come temevano, vennero subito individuati come estranei e gli sguardi si fecero immediatamente di fuoco. Erano stati tacitamente bollati.
L'uomo che aveva atteso le ragazze fuori dalla loro tenda aveva precedentemente messo bene in chiaro che non avrebbe messo piede nel villaggio, e così fece. Rimase sul suo cavallo a fissare i ragazzi mentre cercavano di mescolarsi nella confusione di una strana euforia che riempiva le stradine.
- Ma che succede? - si chiese Zac, vedendo che all'improvviso lo stato d'animo dei paesani si era radicalmente trasformato da serietà e assoluta rassegnazione al proprio destino ad allegria visibile in ogni occhio che incrociava.
Un tacito segnale li aveva scossi, tutti all'unisono, e sembrava che il loro giogo fosse stato sciolto donando libertà e felicità a tutti. Le fanciulle avevano i visi pieni di allegria e sorrisi sinceri, i bambini osavano giocare a palla in strada e tutti gli adulti facevano sospiri di sollievo e godevano più tranquillamente la loro gioia.
- Il loro legame col padrone si è allentato – disse Helen richiamando l'attenzione dei compagni, che si voltarono verso di lei incuriositi dalla novità. La trovarono accanto ad una ragazza poco più piccola di loro, che sorrideva stanca.
- Me lo ha detto lei – comunicò subito la ragazza, e chiese alla paesana di continuare la spiegazione.
Quella non se lo fece ripetere due volte, e sentire le sue parole era come sentire uno sfogo. - Non sappiamo la reale causa, ma ogni tanto sentiamo che il nostro cuore si allieta, in comunione con quello del Padrone! La morsa della sua possessione si allenta e noi torniamo a respirare il profumo della vita!
Il gruppo di terrestri fece fatica a comprendere quelle parole, e non solo perchè le ultime parole erano fuggite con la ragazza nella gioia comune, ma soprattutto per il concetto.
- Morsa della possessione? - chiese stupita Patty, con un punto interrogativo in fronte.
Si voltò verso gli altri e li vide rattristati in volto. - Che avete?
Zac espirò. - Questa è gente dannata.. non sappiamo i motivi per cui si sono uniti a quel folle, ma ormai è cosa certa, non sono leggende metropolitane..
- Che cosa?
- Il Demonio prende pieno possesso dell'anima degli altri. - concluse Fred in tono grave. Ma la questione non era del tutto chiara, per i ragazzi era ben difficile immaginare quale sensazione possano avere i sottomessi al Demonio, anche perchè nessuno sapeva ben descriverla.
Sapevano solo che era terribile e difficilmente sopportabile a lungo. Ma tutti gli abitanti dei villaggi, tutte le persone soggette a Heebrit convivevano quotidianamente con quella sensazione.
Gea si alzò di scatto e decise di andare a fare una passeggiata in giardino. Ora le era concesso, Sheryl era ancora impegnata col Padrone e lui non avrebbe curato ogni suo passo per un bel po'.
Heebrit era felice, ma anche un pochino triste. Quel rapporto che stava avendo con la sua prediletta poteva essere l'ultimo per molti mesi. Ma non se ne curò più di tanto, e scacciò con forza quel pensiero ogni volta che tornava a galla nella sua mente.
Sheryl ormai si era completamente persa nella passione dell'uomo e non riusciva a pensare a null'altro che non fosse accontentarlo in ogni sua richiesta, dalla più passabile alla più spinta. La sua mente era imbambolata e lei si sentiva persino felice, ma sapeva che quella felicità non era affatto sua: Heebrit, da quando l'aveva posseduta per la prima volta, in senso sia fisico che spirituale, influenzava tutto di lei, dalle volontà alle sensazioni. Ora lui era felice, e lei di conseguenza. Ma Sheryl era anche triste, triste per il suo destino crudele.
Quello che udì poco dopo la risvegliò completamente. Erano sdraiati, lei al suo fianco mentre lui le accarezzava ancora tutto il corpo, talvolta non sfiorandola solamente. I battiti della ragazza erano molto alti, quelli dell'uomo l'esatto opposto.
- Ricordi che ti ho detto che avresti provato sulla tua pelle che questa è la tua unica casa, ridotta come sei?
Lei annuì, ma si sentì in dovere di puntualizzare l'affermazione. - Non sono ridotta.. sono diversa, trasformata...
Lui sorrise. - Ho intenzione di farti avere quest'esperienza immediatamente – gettò uno sguardo all'ampia vetrata, il sole stava cominciando a calare, come ogni giorno nel primo pomeriggio – Stasera stessa sarai fuori dal Castello, contenta?
Sheryl si alzò a sedere per guardarlo preoccupato, una mano sul suo torace. - In che senso sarò fuori dal Castello, che vuoi dire?
- Non mi sembra molto difficile da capire..
- Intendo dire.. per quanto tempo, dove andrò, cosa devo fare..? - le solite domande che faceva ogni volta prima delle missioni per lui. L'idea della libertà era ancora troppo velata sotto lo spesso involucro del sogno.
Sentì una mano accarezzarle il seno e poi rigirare tutto il petto disegnando ghirigori arrivando fino alla guancia. Lo sguardo di Heebrit si fece più tenero, mentre la fissava negli occhi. - Fino a quando non capirai quel che ti ho detto. Dove andrai non lo so, e francamente non m'importa. Hai piena libertà di decidere, non verrò ad importunarti, promesso. Stessa cosa per il “cosa fare”.. cerca di vivere il più normalmente possibile, come hai sempre desiderato fare.
Sheryl rimase impietrita dalla notizia. Le stava donando la libertà? Poteva tornare a vivere normalmente, andare dove voleva, fare quel che le pareva.. Ancora si stava chiedendo come potesse essere possibile che non si accorse che Heebrit aveva ripreso l'attività con lei. Si ritrovò ancora il tappeto sulla schiena e la testa per terra e il gioco ricominciò. La possessione continuava, ma il cuore di Sheryl cominciava ad assaporare una strana libertà.
Questa volta lei sorrideva di gusto, ed era lei a volerlo.
[Modificato da =Shark Attack= 05/12/2007 18:02]